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AFFRONTARE UN LUTTO
Elaborare un lutto è un percorso lungo e doloroso. È un continuo riadattarsi a una vita che deve imparare a convivere con un’assenza, a proseguire per amore di chi resta. È uno sforzo costante che richiede un passaggio "dall' amare in presenza, all'amare in assenza". È un tempo sospeso, immobile, che fatica ad autorizzarsi a vivere di nuovo. Un confine silenzioso che divide il prima dal dopo.
Il dolore del lutto non si “supera”, si attraversa. Ogni perdita lascia un’impronta unica nella nostra storia affettiva e richiede tempo, spazio e cura per essere elaborata. In un’ottica psicodinamica, il processo di lutto non è solo una reazione alla perdita, ma anche una profonda riorganizzazione del mondo interno: un lento lavoro psichico che ci permette, nel tempo, di interiorizzare la persona amata, trasformando il legame esterno in una presenza interna, viva nella memoria e nell’affetto.
Concedersi di sentire, di regredire, di tornare indietro e poi di ripartire è parte essenziale del processo. Non c’è un modo giusto o sbagliato di vivere il lutto: c’è solo il tuo modo, da ascoltare e accogliere con gentilezza.
Le ferite dell'anima
Guarire dalle ferite dell'anima vuol dire riconciliarsi con quel dolore, accarezzarlo e considerarlo parte del viaggio che è la vita, spinta verso una rinnovata fiducia nei confronti dell'altro.
Lutto e EMDR
La persona in lutto può sentire una profonda sofferenza a causa della perdita della persona amata. Il dolore di tale irrevocabile perdita può essere insopportabile. Se il paziente risponde ai criteri per iniziare il lavoro di elaborazione dei ricordi, la terapia EMDR può aiutarlo a rielaborare il dolore che accompagna la consapevolezza che la persona amata non c'è più e non tornerà. La rielaborazione delle emozioni dolorose, fa sì che esse possano essere associate a ricordi più adattivi favorendo l'emergere di ricordi positivi, ricchi di emozione. Questi ricordi consentono quindi di formare una rappresentazione interna, caratterizzata dalla percezione di un legame duraturo con il deceduto. All'interno del lavoro clinico sarà dunque possibile passare dalla convinzione di "aver perso per sempre la persona" a quella di "riuscire a sentirla ancora vicino a sé " , a passare dall' "amare in presenza" al " continuare ad amare in assenza".
Le dipendenze affettive
"Non posso vivere senza di lui/lei"...quante volte ci si ritrova a dire o a pensare di non poter esistere senza l'altro. La dipendenza affettiva si struttura sulla base di modalità relazionali apprese nelle primissime interazioni con le figure di riferimento. Questo apprendimento determina la convinzione di non poter esistere senza la presenza dell'altro, senza che l'altro rivolga a noi il suo sguardo. Come Winnicott ci insegna, fusione e separazione sono complementari in una buona relazionalità di coppia. Essere insieme e riuscire ad essere soli e a sentire che la solitudine non è annullamento ma riaffermazione di bisogni, desideri, momento di autentico contatto con sé stessi.
La relazione terapeutica
"Oh, il conforto, l'inesprimibile conforto di sentirsi sicuri con una persona, senza dovere né pesare i pensieri, né misurare le parole, ma lasciarle fluire fuori, così come sono, pula e grano insieme; sicuri che una mano fidata li raccoglierà e li setaccerà, terrà quello che merita tenere e poi col respiro della gentilezza soffierà via il resto"
Dainah Maria Craik, potesse inglese
L'esperienza traumatica
Bessel Van Der Kolk, nel descrivere i neuroni specchio (cellule specializzate che ci permettono di sintonizzarci con l'altro, di "sentirci in" qualcun altro) ci dice che la drammaticità dell'esperienza traumatica risiede nel non essere visti, nel non essere presi in considerazione, in una parola nel non essere "rispecchiati". E allora la psicoterapia diviene il luogo eletto a ricomporre e ad attivare la capacità di rispecchiare ed essere rispecchiati in sicurezza.